Test rapido per il Covid-19: quanto è affidabile?
Da quando la pandemia di coronavirus ha toccato l’Italia, milioni di cittadini si sono improvvisamente ritrovati a vagare tra una selva di nomi, sigle, acronimi di natura medica e scientifica all’interno della quale è tuttora complicato districarsi. Tra sierologici (IgG e IgM vi dicono qualcosa?), tampone naso-faringeo e via dicendo non è stata una passeggiata comprendere quale fosse l’esame più appropriato per valutare la propria condizione epidemiologica. Negli ultimi tempi si fa un gran parlare del cosiddetto “test rapido“: ma in cosa consiste? E soprattutto: quanto è affidabile?
Test rapido per Covid-19
La definizione di “test rapido” è quanto mai appropriata dal momento che dall’esecuzione dell’esame all’esito del risultato passano circa 15 minuti. Rispetto ai tamponi, più propriamente detti test molecolari, il test rapido (o antigenico) non va a caccia del materiale genetico dei patogeni, bensì delle proteine con cui gli anticorpi riconoscono la presenza dei virus.
Come funziona questo tipo di esame? Gli anticorpi sono posizionati su un supporto (che può essere a volte anche un pezzetto di cartone) e impiegati come “esche” per catturare le proteine del virus legandosi agli antigeni. Quando li identificano avviene una reazione chimica: se il display cambia colore siamo dinanzi ad un soggetto positivo al coronavirus. Oltre ai tempi d’attesa – 15 minuti contro le ore o i giorni che alcuni laboratori richiedono per analizzare i tamponi – il vantaggio del test rapido è rappresentato dal fatto che esso può svolgersi in qualsiasi luogo a patto di disporre dell’attrezzatura necessaria.
Test rapido per Covid-19: quanto è affidabile?
Resta però il grande dilemma dell’affidabilità: se per il tampone naso-faringeo l’affidabilità è del 99%, mentre per quello che sfrutta la saliva è del 90%, per i test rapidi le opinioni divergono. Secondo i produttori, l’affidabilità per l’individuazione della Sars-Cov2 supera l’85%. Non la pensano così gli autori di alcuni studi di recente pubblicazione, secondo cui la precisione dei test rapidi scende tra l’11% e il 45%.
Le verifiche attuate in Italia hanno mostrato un’affidabilità superiore all’80%, a patto che il test venga eseguito immediatamente dopo il prelievo. Basterebbero infatti solo 30 minuti di attesa dal momento del prelievo per vedere scemare il livello di affidabilità fino alle cifre riportate dagli studi pubblicati in letteratura scientifica. Insomma, perché sia valido, il test dev’essere “rapido” in tutti i sensi: in tal caso dovrebbe essere in grado di rilevare anche una carica virale molto bassa.
Per sopperire alla possibilità che i test rapidi risultino fallaci, in molti suggeriscono di sfruttare il fatto che richiedano poco tempo per eseguirne molti, così da restringere il margine d’errore. Nonostante ciò, la FDA americana (Food and Drug Administration) non sembra fidarsi particolarmente e ne raccomanda l’impiego soltanto nei pazienti con sintomi: troppo elevato il rischio di vedersi sfuggire un soggetto “falso negativo” asintomatico e potenzialmente contagioso.