Chi è il paziente che non segue la terapia?
Esistono almeno 6 tipologie di pazienti che non aderiscono alla terapia farmacologica per motivi diversi, che sottolineano le differenze dei comportamenti alla base del problema e degli ostacoli dal punto di vista del paziente. Ciascuna tipologia richiede strumenti diagnostici e terapie differenti, esattamente come per i sottotipi di una condizione clinica: ad esempio, analogamente al trattamento dello scompenso cardiaco (diastolico vs sistolico), senza una diagnosi corretta sulla base del fenotipo specifico di non-compliance farmacologica, non si ottengono benefici significativi; anzi si espone il paziente a rischi e si sprecano risorse inutilmente.
- Il paziente non è consapevole dell’importanza di seguire le prescrizioni farmacologiche per la sua salute e il suo benessere a lungo termine.
- Il paziente è convinto che i benefici legati all’assunzione dei farmaci non siano superiori all’impegno richiesto per seguire la terapia.
- La gestione della terapia farmacologica è troppo complessa per il paziente.
- Il paziente non è sufficientemente vigile.
- Il paziente ha convinzioni personali sui farmaci errate, irrazionali o conflittuali.
- Il paziente non è convinto dell’efficacia del farmaco.
Fattori che influiscono sulla non aderenza
Sono numerosi e diversi gli aspetti che possono influire su una piena adesione del paziente alle terapie e, più in generale, al suo percorso di cura.
Alcuni fattori sono strettamente correlati alla patologia e alla condizione clinica della persona. Questi aspetti possono avere un impatto importante sull’aderenza. La popolazione anziana in condizione di cronicità è quella più a rischio sotto il profilo dell’aderenza alle terapie, specie in compresenza di più patologie. La condizione di più patologie nella persona anziana o affetta da cronicità può, infatti, aumentare il rischio di errore nell’assunzione della terapia, specie se la persona è costretta ad assumere un numero elevato di farmaci nell’arco della giornata. Sono frequenti gli errori nell’assunzione della terapia legati al trattamento terapeutico (preparazione difficoltosa, frequenza elevata di assunzione, effetti collaterali numerosi; interazione con altri prodotti/alimenti).
Alcuni attengono alla sfera dei comportamenti. Dal lato del paziente accade spesso che la perizia nel seguire pedissequamente un piano terapeutico sia messa a dura prova dalla scarsa motivazione o dal senso di frustrazione nel non “percepire” esiti e benefici dalle cure. Tali aspetti emozionali incidono in maniera preponderante nel caso di un paziente cronico che deve assumere per lungo tempo anche per tutta la vita una terapia. Se poi alla patologia e anche all’età (anziano o bambino) si aggiungono deficit cognitivi, visivi, acustici, motori, la gestione della terapia diventa ancora più problematica.
Accade anche spesso che ci sia una scarsa comprensione, dovuta alla poca chiarezza della comunicazione e informazione sulla terapia da assumere; o semplicemente accade che ci si dimentichi delle indicazioni ricevute, per età, per problemi cognitivi, disattenzione. Capita di sbagliare o di fare confusione (es. errori di assunzione per fattori legati al trattamento: orari, modalità di assunzione, etc.), quando è elevato il numero dei farmaci da assumere al giorno, in caso di pluri-patologie e nel caso di un paziente anziano o cronico il rischio di errore può aumentare (fattori legati alla condizione clinica). Anche la scelta prescrittiva può impattare sull’aderenza e sulla continuità terapeutica (es. scegliere ove presenti tra farmaci con via di assunzione preferita dalla persona tra quelle disponibili; tenere conto delle terapie che possono essere gestite più facilmente ed in autonomia dalla persona, tenendo conto ad esempio di capacità di deglutizione, articolazione dei movimenti).
Ci sono poi altri fattori quali quelli economici e sociali che riguardano la “capacità economica della persona” (acquisto delle terapie, accudimento da parte di un caregiver) ed ancora motivi organizzativi (lavoro/turnazione del personale sanitario; tempo dedicato alla relazione di cura; orari di apertura al pubblico, presenza di case manager, etc.); carenze nei servizi (distanza dal luogo di cura, etc.); errore o difficoltà di interpretazione della prescrizione (es. 1/2 cp die) o fattori legati al trattamento terapeutico (preparazione difficoltosa, frequenza elevata di assunzione, effetti collaterali numerosi; interazione con altri prodotti/alimenti); carenza o parziale informazione, educazione della popolazione generale sulla salute, incentivando e promuovendo l’health literacy.