I vaccini salvano la vita
Dove sono i no-vax? Un quesito che sorge spontaneo nel momento in cui tutto il mondo è in ginocchio per la pandemia di coronavirus e l’unica speranza di uscire da questo incubo è rappresentata dalla scoperta di un vaccino. Ciò che ai sostenitori dell’anti-vaccinazione sfugge nel Ventunesimo secolo era chiaro agli esseri umani che già nell’antichità si interrogavano sul sistema di trovare un rimedio alle malattie infettive che nella storia avevano decimato popoli e civiltà. Già prima della nascita di Cristo, tra i Greci si affermò l’importanza di rendere immune l’organismo dai virus. Dopo la peste del 429 a.C. fu lo storico Tucidide ad osservare come “le persone guarite raramente si ammalavano una seconda volta, e mai in maniera grave”.
Edward Jenner, il padre dei vaccini
Una delle scoperte mediche più importanti della storia la si deve ad un medico di campagna: Edward Jenner, considerato non a caso il “padre dei vaccini“. Fu questo dottore inglese, alla fine del Settecento, ad intuire che i contadini contagiati dal vaiolo bovino durante la mungitura delle mucche, una volta guariti dalla malattia, non si ammalavano della sua variante umana, che all’epoca faceva migliaia di morti. Così, nel maggio 1796, Jenner prelevò dalla pustola di un mungitore affetto da vaiolo bovino del materiale purulento e lo inoculò nel braccio di James, un bambino di otto anni figlio del suo giardiniere.
Trascorsi alcuni mesi, al piccolo James venne iniettato nuovamente del pus, ma stavolta di vaiolo umano. Jenner aveva fatto centro: il virus non attecchì e il piccolo James fu il primo a risultare immune al vaiolo umano pur senza essersi mai ammalato. Emblematico della diffidenza con cui questo metodo innovativo venne accolto dalla comunità scientifica, il fatto che Jenner fu costretto a pagare di propria tasca la pubblicazione del suo studio. Venne in ogni caso ripagato dalla Storia.
Il vaccino in Italia
A portare in Italia la tecnica di Jenner fu Luigi Sacco, medico della Repubblica Cisalpina, a cui oggi è intitolato l’omonimo Istituto Sacco di Milano che ogni giorno, da quando è iniziata l’emergenza coronavirus, sentiamo nominare nei vari telegiornali. Sacco, nel 1799, vaccinò se stesso e altri 5 bambini iniettando il pus raccolto da due vacche affette da vaiolo bovino. Nel 1806 il medico disse di aver vaccinato personalmente o comunque fatto vaccinare all’incirca 130mila persone.
Nel giro di poco tempo quella innovativa pratica medica si diffuse al punto che nel Regno d’Italia un milione e mezzo di persone risultavano vaccinate. Si trattò di una svolta epocale che contribuì a ridurre in maniera drastica la mortalità del vaiolo, fino ad allora elevatissima. Con l’Unità d’Italia, la vaccinazione contro il vaiolo venne resa obbligatoria per tutti i nuovi nati a partire dal 1888. Quest’obbligo perdurò per quasi cento anni: in Italia venne infatti abolito nel 1981, due anni dopo che l’OMS aveva sancito l’eradicazione del vaiolo dalla Terra.
Pasteur e i vaccini attenuati
Molto importante nella storia dei vaccini anche la figura di Luis Pasteur, chimico riconosciuto come il fondatore della moderna microbiologia, nonché “padre” dei vaccini attenuati. Se Jenner aveva avuto la fortuna di individuare nel vaiolo bovino una forma virale in grado di fornire protezione dal vaiolo umano, Pasteur fece un salto di qualità approntando una tecnica che consentiva l’utilizzo di un agente patogeno di virulenza ridotta in grado di immunizzare l’uomo.
L’intuizione arrivò, insieme al suo assistente Charles Chamberland, come spesso accade per puro caso: i due stavano infatti studiando il colera aviare (una malattia fatale dei volatili), quando per sbaglio iniettarono negli animali alcuni batteri rimasti troppo a lungo al di fuori del terreno di coltura. Fu così che gli animali svilupparono sintomi molto lievi della malattia. Quando Pasteur ebbe la pensata di infettare nuovamente i pennuti con una coltura di batteri freschi, gli animali si dimostrarono immuni. Da qui l’idea dei vaccini attenuati.
Salk e Sabin
A sconfiggere una delle peggiori malattie che l’umanità abbia conosciuto furono Albert Sabin e Jonas Salk: i due, che non disdegnavano una punta di sano agonismo, confezionarono infatti il vaccino per la poliomielite, un’infezione che colpisce soprattutto i bambini al di sotto dei 5 anni causando una forma di paralisi irreversibile in un caso ogni 200, che il 5-10% delle volte si rivela letale.
Il primo vaccino realizzato fu quello di Salk, ma quello di Sabin, uscito sul mercato pochi anni dopo, fu più facile da somministrare (oralmente) prevenendo completamente il rischio di contrarre la poliomelite. In Italia il vaccino venne autorizzato nel 1963 e reso obbligatorio. L’ultimo caso “italiano” risale al 1982. Anche in tutto il mondo la poliomelite è vicina all’eradicazione: si pensi che a fronte degli oltre 350mila casi registrati nel 1988, ne sono stati segnalati nel 2018 solo 33 casi.
Maurice Hilleman
Altro nome che non può non essere citato parlando di storia dei vaccini è quello di Maurice Hilleman, vaccinologo statunitense che vanta un primato non da poco: ha infatti sviluppato vaccini contro oltre 40 agenti infettivi, 14 dei quali vengono effettuati attualmente. A lui si devono, per esempio, uno dei vaccini contro il morbillo, quello contro gli orecchioni, lo sviluppo del trivalente contro morbillo-orecchioni-rosolia (o vaccino Mmr), nonché quelli per l’epatite A e B, la meningite e la polmonite. Non è un caso che venga considerato da molti come il medico che nel corso del Ventesimo secolo ha salvato più vite umane.
Ora una nuova pagina di storia attende di essere scritta: chi troverà il vaccino contro il coronavirus salvando migliaia, milioni di vite?