Fotodermatosi: reazione fototossica o reazione fotoallergica?
I danni di un’eccessiva esposizione solare non devono essere sottovalutati. A maggior ragione in presenza di un fenomeno che molte persone ignorano e che prende il nome di “fotosensibilità”. Con questo termine ci si riferisce ad una condizione caratterizzata da un’eccessiva reattività cutanea all’irradiazione solare (o artificiale) che finisce per accelerare e aggravare i danni del sole sulla pelle. Quando questo accade, l’individuo può sperimentare la cosiddetta fotodermatosi, ovvero un’affezione della cute (eritema, orticaria o allergia solare) che si manifesta in seguito ad un’esposizione ai raggi del sole leggera o comunque non tale da giustificare questi sintomi. A provocarla è l’interazione della luce solare con alcuni farmaci assunti dal soggetto in questione o con talune condizioni mediche pregresse predisponenti.
Fotodermatosi: reazione fototossica o reazione fotoallergica?
In presenza di fotodermatosi si è soliti distinguere tra reazione fototossica e reazione fotoallergica. Nel primo caso l’affezione cutanea diventa evidente nel giro di 24 ore dall’esposizione solare. L’insorgenza dei sintomi è dunque rapida: l’irritazione si manifesta il più delle volte con un’irritazione simile ad una scottatura solare esagerata, limitata alla zona di pelle esposta ai raggi solari. La radiazione solare reagisce con una sostanza fotosensibilizzante, che può essere attivata e trasformata in composti tossici, che a loro volta scaturiscono una risposta infiammatoria sulla cute. L’entità della manifestazione dipende strettamente dalla dose di sostanza chimica coinvolta ed è sempre indipendente dall’azione del sistema immunitario.
Nella reazione fotoallergica invece si assiste all’intervento del sistema immunitario, che attiva una risposta immunologica cellulo-mediata. Questo tipo di intolleranza al sole sembra dunque dare forma ad un’alterazione sistemica. In questo caso le eruzioni cutanee si concentrano inizialmente nelle arre esposte alle radiazioni ultraviolette, ma in alcune circostanze possono anche diffondersi in zone non direttamente colpite. La fotoallergia, come avviene anche per altre manifestazioni di tipo allergico, tende a manifestarsi in soggetti precedentemente sensibilizzati: la caratterizzazione classica induce la comparsa di macchie cutanee arrossate e pruriginose, nonché desquamazione e, alle volte, vesciche. Le reazioni fotoallergiche compaiono più tardi rispetto a quelle fototossiche, in genere dopo 24-72 ore dall’esposizione solare, poiché richiedono che il sistema immunitario si attivi e sortisca la risposta flogistica. Spesso e volentieri a generare la reazione è un farmaco applicato a livello topico, ma questo tipo di condizione non è correlata alla dose della sostanza fotosensibilizzante, che può essere anche molto piccola.
Il dermatologo, tramite esame obiettivo, è in grado di riconoscere il tipo di fotosensibilità sperimentata dal soggetto. In alcuni casi possono servire allo scopo esami del sangue, delle urine e prove allergiche. Sebbene i casi di fotodermatosi siano nella maggior parte dei casi transitori o facilmente risolvibili, quando essa è indotta da cause genetiche o metaboliche sono possibili alcune complicanze da non sottovalutare, quali la comparsa di macchie scure o aree iperpigmentate sulla pelle, anche in seguito alla scomparsa dell’irritazione. La pelle potrebbe anche invecchiare prima del tempo, così come potrebbe sopraggiungere la formazione di un carcinoma delle cellule basali della pelle, di carcinoma spinocellulare o di melanoma. Tutte ragioni che suggeriscono di operare una saggia prevenzione – scegliendo le ore più fresche per esporsi al sole, indossando indumenti protettivi e applicando ad intervalli regolari creme solari ad alta protezione.