Covid-19: cosa ci aspetta a settembre? Siamo pronti ad affrontare una nuova ondata?
La tanto temuta seconda ondata di coronavirus arriverà a settembre? E se sì, come ci troverà rispetto alla prima? Sapremo fronteggiarla o il nostro sistema sanitario verrà travolto come e più della scorsa primavera? Interrogativi leciti, ai quali non è semplice rispondere e per cui è necessario mettere in conto un certo margine d’errore. Sulla questione, però, ci sono dei punti su cui la maggior parte degli esperti è concorde: vediamo quali.
Seconda ondata: perché a settembre
Iniziamo col chiarire un punto: la pandemia di coronavirus non si è ancora esaurita. Ne sono la prova i numeri drammatici che continuano a registrarsi di giorno in giorno Oltreoceano, ma anche gli estesi focolai che stanno interessando l’Europa in particolare nei Balcani. Fin dallo scoppio dell’epidemia in Italia, la speranza dei virologi – confermata finora dalla cronaca di questi giorni – era che come già in passato per altri virus anche il SARS-CoV-2 potesse dare tregua al nostro Paese in estate.
Ad incidere, più che il caldo (altrimenti non si spiegherebbe il perché dei tanti contagi in Sudamerica di questi giorni) sono stati di sicuro il lockdown – che ha dato modo di ridurre drasticamente la circolazione del virus – la predisposizione a trascorrere un tempo maggiore in luoghi all’aperto e l’utilizzo (quanto mai da incentivare) di mascherine e dispositivi di protezione individuale. Ma perché la seconda ondata dovrebbe verificarsi proprio da settembre in avanti e più genericamente in autunno?
All’attitudine a condividere ambienti chiusi a causa delle condizioni meteo e all’impatto che potrebbe scaturire la riapertura delle scuole si potrebbe aggiungere anche la difficoltà di intercettare il virus, che potrebbe nascondersi tra i casi delle varie forme respiratorie virali. Non è un mistero che molti esperti consiglino quanto mai quest’anno di sottoporsi al vaccino antinfluenzale e diversi Paesi stiano predisponendo delle campagne vaccinali senza precedenti. L’obiettivo è duplice: evitare una co-infezione e aiutare i medici, in caso di contagio da Covid-19, ad escludere da subito l’ipotesi di una normale influenza stagionale intervenendo prontamente con tutti i trattamenti del caso.
Seconda ondata: sarà più forte della prima?
Trattandosi di un virus nuovo non possiamo sapere come questo si comporterà. Precedenti non propriamente incoraggianti come quello dell’influenza spagnola suggeriscono che la seconda ondata possa essere anche più violenta della prima, ma la maggior parte degli esperti è concorde nel dire che non sarà questo il caso. Questo cauto ottimismo è basato sul fatto che a differenza della scorsa primavera, questa volta il sistema sanitario conosce molto meglio il suo nemico.
Ciò significa che le indagini epidemiologiche, attraverso un uso massiccio dei tamponi, dovrebbero consentire di tracciare i pazienti venuti a contatto con il virus e di dare il via a trattamenti preventivi (le famose tre T: test, tracciamento e trattamento). In questo modo la diffusione del coronavirus dovrebbe essere molto più limitata, circoscritta soltanto ad alcuni focolai. Anche la capacità di curare le persone ammalate è molto aumentata rispetto ai mesi scorsi. I medici hanno infatti sviluppato una conoscenza che prima non avevano della malattia e questo potrebbe ridurre ulteriormente il tasso di mortalità. Nella speranza che a breve arrivi il tanto desiderato vaccino chiudendo una volte per tutte questa triste pagina.