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Cannabis terapeutica in Italia: tutte le criticità, tra rifornimenti limitati e disparità regionali

Un farmacista galenico in laboratorio con cuffia e mascherina che prepara olio a base di cannabis terapeutica

Cannabis terapeutica in Italia: tutte le criticità, tra rifornimenti limitati e disparità regionali

Il settore della cannabis terapeutica in Italia sta registrando una crescita lenta ma costante, favorita da una domanda di prodotti per il trattamento di patologie croniche e debilitanti come la sclerosi multipla e il dolore neuropatico. Tuttavia, l’accesso rimane difficile per molti pazienti, frenato da una serie di sfide che comprendono una produzione nazionale insufficiente, problemi nella catena di distribuzione e significative differenze nei rimborsi tra le diverse regioni del Paese.

 

Tutte le difficoltà, tra produzione e importazione

 

In Italia, la produzione di cannabis medica è centralizzata presso lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare (SCFM) di Firenze, l’unico ente autorizzato a coltivare cannabis per scopi terapeutici. La struttura produce principalmente due varietà, FM1 e FM2, ma la quantità complessiva si è rivelata finora insufficiente a soddisfare la domanda nazionale. Per colmare questo gap, il Ministero della Salute ha autorizzato l’importazione di cannabis, soprattutto dai Paesi Bassi, ma l’approvvigionamento rimane irregolare e la disponibilità continua a essere limitata. Secondo recenti statistiche, nel 2023 sono stati venduti circa 1.453 kg di cannabis terapeutica, una leggera diminuzione rispetto ai 1.560 kg dell’anno precedente.

 

Un ulteriore problema riguarda i rimborsi per i pazienti: nonostante il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) preveda il rimborso per l’acquisto di cannabis terapeutica, la sua erogazione varia notevolmente da regione a regione. In alcune regioni, i pazienti riescono ad ottenere un rimborso totale, mentre in altre sono costretti a pagare cifre elevate di tasca propria. Questa disomogeneità deriva dal modello sanitario decentralizzato italiano, che conferisce alle singole regioni autonomia nella gestione dei servizi sanitari, causando differenze notevoli nella disponibilità e accessibilità dei trattamenti.

 

Le iniziative per migliorare l’accesso alla cannabis terapeutica

 

Negli ultimi anni, varie associazioni, tra cui l’Associazione degli Operatori della Distribuzione Intermedia del Farmaco (ASSORAM), hanno lavorato per trovare soluzioni a questi problemi, proponendo iniziative per migliorare la distribuzione della cannabis terapeutica e per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sui benefici medici della pianta. Parallelamente, diversi eventi accademici e congressi stanno incentivando il dialogo scientifico sulla cannabis, con l’obiettivo di creare normative più flessibili e omogenee in tutto il Paese.

 

Queste iniziative, se accompagnate da un aumento della produzione interna e da accordi più stabili con i fornitori esteri, potrebbero aiutare l’Italia a garantire un accesso più equo e sostenibile alla cannabis terapeutica. Tuttavia, senza un impegno concreto per superare le attuali disuguaglianze e senza un maggiore supporto del sistema sanitario nazionale, il futuro del settore resta incerto e i pazienti rischiano di trovarsi ancora una volta penalizzati.

 

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