Aderenza terapeutica: perché la collaborazione tra farmacista e medico di base è cruciale
Quando si parla di aderenza terapeutica si incappa spesso e volentieri in un luogo comune, quello per cui il mancato rispetto delle indicazioni del medico sia attribuile esclusivamente al paziente. Se è vero che l’onere maggiore poggia sulle spalle della persona che i farmaci è chiamato ad assumerli quotidianamente – magari anche più volte al giorno in presenza di terapie complesse – allo stesso modo il rischio è di semplificare eccessivamente. Utilizzando una metafora calcistica, il paziente è come l’attaccante chiamato a fare gol (assumendo le medicine prescritte dal medico curante), ma affinché il giocatore segni (contrastando la malattia) e la squadra vinca (guarendo o tenendo a bada una patologia) è necessario poter contare anche su una difesa sicura e su un centrocampo in grado di fornire al bomber palloni giocabili da spingere in rete. Il farmacista e il medico di base sono la difesa e il centrocampo.
Uno stretto rapporto di collaborazione fra queste due figure professionali è fondamentale per il rispetto dell’aderenza terapeutica da parte del paziente. Sebbene il carico burocratico e i ritmi frenetici impediscano spesso e volentieri un confronto adeguato fra studi medici e farmacie, nell’ottica della cosiddetta “medicina personalizzata“, ovvero il nuovo approccio globale alla prevenzione, alla diagnosi, alla cura e al monitoraggio delle malattie fondato sulle peculiarità del singolo individuo, è cruciale che per ogni paziente, in particolare per quelli più anziani e con maggiori fragilità, abbia luogo se non un costante interscambio quanto meno un’integrazione delle rispettive aree di competenza. Spetterà certamente al medico prescrivere la corretta terapia per il paziente, ma il farmacista avrà il compito di assicurarsi che i medicinali vengano correttamente utilizzati, fornendo all’utente informazioni utili sugli stessi (caratteristiche, modalità di assunzione, eventuali effetti collaterali) in relazione alla sua condizione clinica. Un modo per dissipare dubbi, perplessità, preoccupazioni di sorta, senza sconfinamenti reciproci e a tutto vantaggio del paziente, chiamato a quel punto a fare gol a porta vuota.