Ivermectina: sarà questo il farmaco anticovid?
Ivermectina: è questo il nome del farmaco antiparassitario a cui il mondo intero guarda nella speranza che si riveli efficace contro il coronavirus. Un sentimento motivato dai risultati più che incoraggianti registrati in uno studio in vitro dal medicinale, che ha dimostrato di essere in grado di ridurre il virus responsabile dell’infezione di 5000 volte nell’arco di 48 ore all’interno di una coltura cellulare. L’ivermectina, dunque, sarebbe in grado di eliminare il coronavirus praticamente del tutto, ottenendo una significativa riduzione del patogeno dopo sole 24 ore.
Ivermectina, lo studio e la sperimentazione sull’uomo
Per dire che l’ivermectina è davvero la cura al coronavirus che tutto il mondo sta cercando trascorrerà però ancora del tempo. Lo studio che ha dimostrato l’efficacia del farmaco sul virus è infatti pre-clinico e in provetta: ciò vuol dire che saranno necessari ulteriori approfondimenti per testarne gli effetti sull’uomo. La ricerca che ha comunque entusiasmato la comunità scientifica è stata condotta da un team australiano guidato da scienziati dell’Università Monash di Clayton, i quali hanno collaborato con i colleghi del Victorian Infectious Diseases Reference Laboratory presso il Royal Melbourne Hospital, facente parte del Peter Doherty Institute for Infection and Immunity. Alcuni degli scienziati che hanno preso parte al progetto, a conferma della loro autorevolezza, sono componenti del gruppo che per primo ha isolato il coronavirus al di fuori della Cina.
Cos’è l’ivermectina?
Ma cos’è l’ivermectina? E come si spiega il suo successo – seppur in vitro – sul coronavirus? Iniziamo col definire l’appartenenza di questo farmaco alla famiglia delle avermectine. La scoperta che l’impiego di queste ultime era in grado di proteggere intere comunità da malattie gravi valse agli scienziati Satoshi Ōmura e William Cecil Campbell il premio Nobel per la Medicina nel 2015. Nello specifico, l’ivermectina è un farmaco antielmintico che uccide o promuove l’espulsione di vermi parassiti intestinali. Il suo utilizzo è molto diffuso in caso di strongiloidosi causata dal nematode Strongyloides stercoralis, nonché per tenere sotto controllo l’oncocercosi determinata dal nematode Onchocerca volvulus. L’ivermectina viene anche impiegata con successo nel trattamento di altre parassitosi quali scabbia, pediculosi, cecità fluviale e filariosi linfatica. Negli ultimi anni alcuni studi hanno dimostrato che il principio attivo possiede anche delle proprietà antivirali.
Ivermectina contro il coronavirus
Diverse ricerche attestano l’efficacia dell’ivermectina contro il virus Hiv responsabile dell’Aids, oltre che zika, dengue e altri ancora. Ma è stato un altro aspetto a portare il team di ricerca guidato dalla dottoressa Kylie Wagstaff, ricercatrice presso il Monash Biomedicine Discovery Institute (BDI), a pensare che l’ivermectina potesse risultare utile contro il coronavirus. Quale? La sua efficacia nei virus a Rna come l’encefalite equina venezuelana (Veev) e il West Nile, e cioè della stessa “matrice” del SARS-CoV-2.
A rendere ancora più interessanti le prospettive di utilizzo dell’ivermectina vi è anche il fatto che esso faccia parte dell’elenco dei cosiddetti “farmaci essenziali” stilato dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità). A questo gruppo appartengono i medicinali considerati più sicuri, efficaci e importanti. Ne deriva che le maggiori agenzie del farmaco, come l’Fda negli Usa e l’Aifa in Italia, lo abbiano approvato da tempo. Ma c’è di più: l’ivermectina è un farmaco molto diffuso a livello globale e a basso costo.
Ciò vuol dire che se la sua efficacia contro il coronavirus fosse dimostrata sull’uomo il suo impiego di massa si rivelerebbe una vera e propria manna dal cielo per milioni di persone. Non resta che attendere le prossime fasi di studio clinico per capire se il dosaggio previsto per gli esseri umani coincida con quello necessario ad avere la meglio sul coronavirus.